“Clara pensò che certamente non potevi salvare nessuno, perlomeno non nelle stanze d’albergo, posti che non appartenevano ad anima viva, luoghi d’interruzione, di refrattarietà alla vita di tutti i giorni dove lo spirito vacilla, si fa desolato, intirizzito, ma la carne si scalda, infiammata, irritata dall’odore licenzioso che sembra emanare dal letto, dalla vasca e dal cuscino di chiunque, dal bastardo rifugio di tutti.” da Il silenzio di Laura di Paula Fox
Edward Hopper
Un altro incontro fortunato la scorsa estate è stato con il pittore danese Vilhelm Hammershøi.
Lo conoscevo ma assaporare i suoi quadri dal vivo è stata un’esperienza intensa. Ulteriore fortuna ho avuto affittando la casa di una famiglia danese che aveva in bella mostra una dettagliata monografia di Hammershøi con foto di quadri mai visti. Purtroppo era in danese e io non lo conosco per cui la mia curiosità è rimasta insoddisfatta.
Mi piacciono questi interni così silenziosi (è stato definito il poeta del silenzio) e i ritratti di spalle (ne è stato l’inventore) di queste donne.
Ci leggo una bellezza tenera e delicata. Il fatto di dipingerle di spalle, mentre fanno qualcosa da cui il pittore sembra escluso me le fa apparire in una luce intima e fragile. Tutto intorno tace di un silenzio carico di pensiero e di sensazioni. Tutti pensieri e le emozioni che vorticano quando siamo sole in casa.
Il Musée d’Orsay per presentarlo afferma: “Discendente di Vermeer o precursore di Hopper? Hammershøi, pittore danese la cui notorietà si consolida negli anni ottanta del XIX secolo, è senza dubbio entrambe le cose. L’intimismo minimalista dei suoi interni così come l’atmosfera inquieta che si sprigiona dal suo apparente rigorismo rappresentano una sufficiente testimonianza.”
Io non leggo un’atmosfera inquieta ma malinconica e sospesa. E penso alle stanze in attesa che qualcuno entri o cariche di tutte le parole e la vitalità di chi è appena uscito.