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Auguste Rodin

Le mani

Quando ti ho preso le mani

ho capito

come sei giovane.

 

Le mie dita sono sottili:

si plasmano alle cose

e a lungo ne conservano

l’impronta –

per uno spino sanguinano,

per una piuma tremano

di dolcezza.

Le mie  mani sono così pallide:

attraversate dalla vita

in ogni senso – come

da lunghe vene

azzurre.

Forse la loro pace

è fra i tenui riccioli

di un bimbo.

 

Le tue dita sono rudi:

afferrano le cose

per esserne padrone,

non si scalfiscono a nessuna

pietra.

Mani di colore vivo,

che hanno toccato solo

quel che hanno scelto –

 

mani che sanno scavare

nella ghiaia dei fiumi,

nel fango delle grotte,

per estrarne tesori.

 

Non tu,

ma le tue mani giovani

dicono alle mie mani,

a me: Come siete

vecchie.

 

Antonia Pozzi, 1934

Altre poesie di Antonia Pozzi qui, qui e qui.

A come attrazione II

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Auguste Rodin

Questa scultura di Auguste Rodin si ispira a una poesia di Baudelaire “La bellezza” (nella raccolta I fiori del male. 

Je suis belle, ô mortels! comme un rêve de pierre,
Et mon sein, où chacun s’est meurtri tour à tour,
Est fait pour inspirer au poète un amour
Eternel et muet ainsi que la matière.

Je trône dans l’azur comme un sphinx incompris;
J’unis un cœur de neige à la blancheur des cygnes;
Je hais le mouvement qui déplace les lignes,
Et jamais je ne pleure et jamais je ne ris.

Les poètes, devant mes grandes attitudes,
Que j’ai l’air d’emprunter aux plus fiers monuments,
Consumeront leurs jours en d’austères études;

Car j’ai, pour fasciner ces dociles amants,
De purs miroirs qui font toutes choses plus belles:
Mes yeux, mes larges yeux aux clartés éternelles!

Sono bella, o mortali, come un sogno di pietra e il mio seno,
cui volta a volta ciascuno s’è scontrato,
è fatto per ispirare al poeta un amore eterno e muto come la materia.

Troneggio nell’azzurro quale Sfinge incompresa,
unisco un cuore di neve alla bianchezza dei cigni,
odio il movimento che scompone le linee e mai piango, mai rido.

I poeti, di fronte alle mie grandi pose,
che ho l’aria di imitare dai più fieri monumenti,
consumeranno i giorni in studi severi, perché,

onde affascinare quei docili amanti,
ho degli specchi puri che fanno più bella ogni cosa:
I miei occhi, questi larghi occhi dalle luci eterne.

Rodin identifica se stesso e la sua amata Camille Claudel nei due soggetti di quest’opera.

Potete leggere anche il post ‘A come attrazione I’ dedicato a Camille Claudel, qui e confrontare l’atteggiamento e le soluzioni compositive completamente diverse rispetto ad un tema identico affrontato da questi due magistrali scultori.