M come maschera

” Non riuscivo proprio a capire perché Louise si ostinasse a volermi frequentare. Le ero antipatico e sapevo per certo che alle mie spalle, in quel suo modo così delicato, non perdeva occasione di dire qualcosa di spiacevole sul mio conto. Era troppo raffinata per fare apprezzamenti diretti: le bastava un’allusione, un sospiro, un rapido gesto delle belle mani per far capire cosa pensasse. Era maestra nella lode insincera. Ci conoscevamo molto bene, da venticinque anni, ma non credo che questo avesse un qualche peso: mi considerava rozzo, brutale, cinico e volgare. E allora perché non mi lasciava perdere? Invece mi tartassava: mi invitava continuamente a pranzo e a cena, e una o due volte all’anno anche a trascorrere un fine settimana nella sua casa di campagna. Ma alla lunga scoprii le sue ragioni. Nutriva l’odioso sospetto che non la prendessi sul serio, e per questo cercava la mia compagnia: non poteva sopportare che io, e io soltanto, la considerassi una commediante. Non avrebbe avuto requie finché non avessi ammesso il mio errore e la mia sconfitta. Forse intuiva che io vedevo dietro la sua maschera e, siccome ero il solo a non cascarci, quella maschera si era prefissa di farmela accettare. Non ebbi mai la certezza che la sua fosse un’impostura totale; mi chiedevo se ingannasse se stessa in maniera assoluta come ingannava il mondo, o se nel suo intimo vi fosse una scintilla divertita. Se c’era, forse Louise era attratta da me, come si attraggono tra di loro i furfanti, perché eravamo gli unici a condividere quel segreto.” da Storie ciniche di W.Somerset Maugham

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U come uomini

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“Conclusi che gli uomini sono più interessanti dei libri, però con questo difetto, che non li puoi scorrere; devi guardare tutto il volume per trovare la pagina buona. E non li puoi riporre su uno scaffale e riprendere quando tu ne abbia voglia; devi leggerli quando se ne dà il caso, come succede di un libro in biblioteca molto richiesto, che tu devi aspettare il tuo turno e tenerlo non più di ventiquattr’ore. E allora può darsi che tu non ne abbia voglia oppure può darsi che nella fretta tu perda la sola cosa che aveva da darti.” da Il signore in salotto di William Somerset Maugham, tradotto da Luciano Bianciardi.

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E come essere (ciò che si è)

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Daphne Maugham e Felice Casorati

“E’ possibile per chiunque portare nella propria vita questa cosa chiamata arte, basta che prenda l’abitudine di pensare con la propria testa…, basta che si abitui a osservare e riflettere in modo semplice, per farla breve basta essere se stessi e, come dice Krishnamurti non essere mai altro da ciò che si è, perché ogni posa o affettazione impedisce alla verità di far luce attraverso di noi”. Daphne Maugham Casorati

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Quadri di Daphne Maugham Casorati

P come Parker

“I rasoi fanno male,/ i fiumi sono umidi,/l’acido lascia tracce,/le droghe danno i crampi,/le pistole sono illegali;/i cappi cedono/ il gas è nauseabondo…/Tanto vale vivere.” Dorothy Parker

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Questa poesia era sul retro di una raccolta di racconti pubblicata da La Tartaruga che trovai in biblioteca in uno di quei giorni di incontri fortunati (quando prendi a caso i libri e sono splendidi, uno più dell’altro), e di cui mi innamorai. E’ stata soprattutto la sua ironia a conquistarmi e poi, cercando notizie su di lei, la sua autoironia. Per esempio, dopo la cerimonia di consegna di un premio, davanti alla platea che si alzò per applaudirla, disse: «Oh, si sono alzati per me? Credevo che si fossero alzati per andarsene!». Oppure il suo epitaffio: “Scusatemi se faccio polvere”.

I suoi commenti le procurarono la reputazione di essere la donna più spiritosa di New York, “ed erano sempre commenti che smantellavano la pedanteria, la petulanza o l’ ipocrisia, sempre con un’ eleganza, con una leggerezza, una poesia tali da rendere l’ irriverenza solo un trucco per creare una presa di coscienza contro l’ egoismo dei cosiddetti “ricchi”.” (Fernanda Pivano)

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Maugham di lei disse: «Ha scoperto una verità grave e salutare al tempo stesso: nelle nostre più sentite disgrazie c’è qualcosa di irresistibilmente comico.»

E’ splendida la sua prosa elegantemente caustica e sottilmente divertente che descrive con indulgenza i difetti e le mediocrità e con tenerezza le infelicità umane.

Fortunatamente la casa editrice Astoria ha deciso di ripubblicarla!

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Oddio, grazie infinite. Sarà un vero piacere.

Non voglio ballare con lui. Non voglio ballare con nessuno. E anche se ne avessi voglia, non con lui. Anzi, sarebbe proprio l’ultimo della lista. Come se non avessi visto in che modo balla: sembra uscito dalla notte di Valpurga. Pensa, meno di un quarto d’ora fa me ne stavo lì a dispiacermi per quella povera disgraziata che stava ballando con lui. E adesso sarò io quella disgraziata. Fantastico. Com’è piccolo il mondo.

Ah sì, e che mondo meraviglioso, una vera gemma. E quel che vi accade è così fascinosamente imprevedibile, vero? Ero lì, a pensare ai fatti miei senza far male a una mosca. E lui si presenta bel bello, tutto sorrisini e buone maniere, a implorarmi di concedergli il privilegio di una memorabile mazurka. Oh insomma, sa a malapena come mi chiamo, per non parlare di quel che significa. Significa Disperazione, Smarrimento, Futilità, Denigrazione e Omicidio Premeditato, ma lui che ne sa? E non so neppure il suo, di nome. Non ne ho la più pallida idea. Dall’espressione nei suoi occhi, direi che si chiama Sfigato. Ehi, come va, signor Sfigato? E come sta quell’angelo del suo fratellino, quello con due teste?” dal racconto Il Valzer nella raccolta Dal diario di una signora di New York di Dorothy Parker, Astoria.