P come poesia II

“Appena calava il sole, gli insetti che dall’alba al crepuscolo erano rimasti in silenzio facevano sentire la loro voce, forse sapendo che gli uccelli erano altrove. Ai bambini che vivevano nel Kalahari o ai suoi margini, i grandi raccontavano che quei rumori sfrigolanti, quegli schiocchi acuti, erano le stelle in cielo che richiamavano i loro cani da caccia. E sembrava davvero così, pensò la signora Ramotswe, anche se tante cose che suonavano plausibili erano spesso nient’ altro che poesia: il condimento che versiamo sulla vita per renderla un po’ più gustosa.” Alexander McCall Smith

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Stéphane Barbery

F come fragilità

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Fujita Mikiko

“Siamo veramente creature insignificanti; creature insignificanti e spaventate che cercano di difendere il loro spazio su quella piccola piattaforma che è la terra. E anche se il mondo intorno a noi appare tanto solido, tanto stabile, in realtà non lo è. Per quanto ci sentiamo sicuri, viviamo tutti quanti in balia del caso, ostaggi della nostra fragilità umana.” Alexander McCall Smith

T come treno

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“Un treno può nascondere un altro treno, ma può anche nascondere ciò che avviene al suo interno: gli incontri, le rivelazioni, gli scambi di occhiate, le decisioni che prendiamo e le cose che impariamo nel corso del viaggio. I treni sono oggetti comuni, quasi banali, ma possono rivelarsi attori e vettori di ciò che di più vasto e insondabile esiste al mondo: il nostro bisogno di dare e ricevere amore nella quotidiana e universale battaglia contro la solitudine.” da Trains and lovers diAlexander McCall Smith

steve mccurry

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Tutte le foto sono di Steve McCurry

tranne questa che mi piace tanto ma di cui non ho riferimenti: mi scuso con l’autore e lo ringrazio perché questa foto mi ricorda l’India come l’ho vista io.

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P come Pym

Moltissimi articoli dedicati a una delle mie scrittrici preferite iniziano così: “Calvino la chiamerebbe leggerezza e direbbe che è l’arte sopraffina di unire malinconia e umorismo, creando “un velo di particelle minutissime di umori e sensazioni, un pulviscolo di atomi come tutto ciò che costituisce l’ultima sostanza della molteplicità delle cose”.”

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Dalla presentazione di Barbara Pym della casa editrice Astoria che ha ripubblicato (per fortuna) tre dei romanzi della Pym: “Paragonata a Jane Austen per la capacità e la grazia sopraffine con cui ritrae il quotidiano e le relazioni umane, Pym trasforma l’ordinario in straordinario. L’ironia con cui descrive il mondo è pungente ma affettuosa e serve ad accettare le quotidiane, inevitabili ingiustizie dell’esistenza.”

Uno scrittore che stimo moltissimo, Alexander McCall Smith, racconta che è stato coniato un aggettivo: “very Barbara Pym” che starebbe a significare una toccante accettazione della modestia delle proprie condizioni, della propria posizione sempre marginale nel mondo, del fatto che le proprie speranze siano state deluse; il momento in cui uno realizza che per quelli a cui tiene, non sarà mai un oggetto d’amore; sarà forse degno di affetto, ma mai oggetto d’amore profondo e passionale. Questo punto di vista è carico di leggerezza e ironia; non è mai fonte di pesantezza d’animo o sconforto.

Una lievità ironica caratterizza il suo stile, che mi ha sempre affascinato. Le trame sono semplici. Il suo pregio risiede nel descrivere le persone con tenerezza disarmata e disarmante e sempre con il sorriso sulle labbra, raccontandole attraverso le piccole cose che sono così tanto importanti per ognuna di loro e facendocele amare queste persone che non riescono ad afferrare grandi cose, grandi passioni, grandi sentimenti, ma che vivono ai margini nel loro piccolo mondo piuttosto monotono. E spesso sovverte, con umorismo sottile, gli stereotipi anche quelli delle zitelle (categoria a cui volentieri apparteneva) e dei ‘perdenti’.

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Ecco l’inizio di Amori non molto corrisposti:

“Ci sono vari modi per guarire un cuore spezzato, ma partecipare a un dotto convegno è forse uno dei più insoliti.

Quando capì che il fidanzato non intendeva affatto sposarla- o che non era degno del suo amore, come diceva lui- Dulcie Mainwaring patì una quieta infelicità per diversi mesi prima di riuscire a scuotersi. Il convegno, quando arrivò l’annuncio, sembrò proprio il genere di cosa raccomandata alle donne della sua posizione: un’opportunità per incontrare gente nuova e per divertirsi osservando la vita degli altri, anche se solo per un fine settimana e in circostanze alquanto inusuali.

Che cosa infatti poteva apparire più bizzarro di un gruppo di adulti, per la maggior parte di mezza età o addirittura anziani, radunati in un collegio femminile del Derbyshire allo scopo di discutere erudite sottigliezze che non significavano nulla per tutto il resto del mondo? Perfino le camere – fortunatamente non sarebbero stati ammassati in dormitori – sembravano innaturali, con brandine di ferro gemelle e la prospettiva di compagni estranei a distanza tanto ravvicinata.”