Uno
Drink
Clara Hansen, in bilico sul bordo di una sedia, la schiena dritta e solo la biancheria intima addosso, era ferma immobile. Tra poco avrebbe dovuto accendere una luce. Finire di vestirsi. In quello stato così prossimo al sonno, si sarebbe concessa altri tre minuti nel suo appartamento ormai buio. Si voltò a guardare un tavolo su cui era posata una piccola sveglia. Tutt’ a un tratto un’agitazione tormentosa la fece scattare in piedi. Avrebbe fatto tardi: gli autobus non erano affidabili. Non poteva permettersi un taxi fino all’albergo dove sua madre, Laura, e il marito di lei, Desmond Clapper, la stavano aspettando per un aperitivo seguito dalla cena. La mattina successiva i Clapper sarebbero partiti in nave diretti in Africa, questa volta. Sarebbero stati via diversi mesi. Clara si era organizzata in modo da uscire dall’ufficio dove lavorava con una mezz’ora di anticipo, per prendersela comoda. Ma poi se l’era presa comoda standosene lì trasognata, assente a se stessa.
Con rapidità raggiunse la sua cameretta, dove c’era l’abito steso sul letto. Il capo migliore che possedesse. Era consapevole che il suo abbigliamento, di regola, era pensato per evitare di attirare l’attenzione. Ma per quella sera aveva fatto una scelta irragionevole. Laura avrebbe notato che il vestito era costoso. Facesse pure, si disse Clara, ma si sentì tutt’altro che decisa appena la seta aderì alla pelle.
Qualche goccia di pioggia scivolò lungo le finestre mentre attraversava il soggiorno. Accese una luce per tornare in sé e, per un breve momento, fu come se la serata fosse già finita e lei fosse già rientrata, rincuorata di fronte all’evidenza che, appena Laura non c’era più, non doveva per forza pensarla. Dopo tutto le occasioni per incontrarsi erano talmente rare.
Erano i primi di aprile e faceva ancora freddo, ma Clara si infilò un impermeabile leggero. Era frusto e sudicio, dunque perfetto per un certo suo proposito – ripudiare il vestito – di cui era solo vagamente consapevole.
In albergo avrebbe trovato anche Carlos, suo zio. E Laura al telefono le aveva detto che un amico editor li avrebbe raggiunti per quella rimpatriata prima della partenza. Clara l’aveva incontrato una volta molto tempo addietro e non aveva nessuna particolare opinione su di lui. Mentre percorreva la strada, vide giungere l’autobus e si precipitò verso la fermata. Immediatamente, neanche fosse stato innescato dai suoi passi affrettati, si sentì scuotere da un profondo senso di angoscia, lo stato d’animo con cui si inoltrava sempre nel territorio materno.
Da Il silenzio di Laura di Paula Fox