D come donne di Klimt

“[…] per Klimt come per Olbrich la decorazione è struttura stessa della vita e dell’arte.

La verità sta in realtà nella natura stessa, che è generosa e fiorita; le belle sinore di Vienna sembrano un prodotto di questa floridezza. Klimt ha raramente ritratto li uomini se non per esercizi apparentemente accademici che per nulla ricordano l’arte sofisticata che consegnò alla storia: sono barbuti e austeri. Le donne sono il centro della sua attenzione: Le donne sono come i fiori d’una estate infinita.” Philippe Daverio in Il secolo spezzato delle avanguardie.

Ecco alcuni ritratti in cui le donne hanno lo stesso peso della decorazione che le abbellisce, le circonda e le copre o scopre.

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E qualche ritratto risalente a quando la decorazione non era ancora così determinante nella sua opera.

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B come bellezza

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Nelle mie esperienze di laboratori d’arte con i bambini, mi sono resa conto abbastanza in fretta che un’idea fondamentale riguardante l’arte era che arte corrispondesse a bellezza. I bambini avevano però una elasticità di pensiero per cui nel giro di mezz’ora spesso (ma non sempre!) cambiavano quest’ idea, al contrario dei loro genitori con cui, molto spesso, mi risultava molto più difficile vedere questo cambiamento d’ottica, pur adottando discorsi più complessi e pertinenti.

“Un altro tipo di pregiudizio o di confusione essenziale e verbale, dal quale è necessario preliminarmente sgombrare il campo, è quello che, per secoli, ha portato il discorso comune e a volte anche quello filosofico ad identificare arte e bellezza.[…]

In ogni modo il campo della Bellezza (come quello dell’esteticità) non può essere mai verificato come coestensivo, o addirittura identificabile, con il campo, che si presenta nettamente distinto per operazioni e finalità, dell’arte come vera e propria artisticità.

Più adeguatamente, si potrebbe dire che l’arte è costituita da insiemi di senso in organizzazioni segniche dove è possibile rintracciare popolazioni di enunciati di ogni tipo, descrittivi, esplicativi, comunicativi, valutativi, non solo, ma anche il loro continuo riflettersi in significazioni più o meno simboliche e teoriche.” Dino Formaggio in L’arte come idea e come esperienza.

“La distanza fra l’epoca nostra e quella che siamo abituati a considerare la genesi della nostra cosmogonia estetica è in realtà lunghissima, c’è chi considera tuttora Les demoiselles d’Avignon di Pablo Picasso un’opera di difficile comprensione, al pari dell’Ulisse di James Joyce o di Verklarte Nacht di Schonberg, eppure il tempo trascorso da allora ad oggi è uguale a quello passato dalla battaglia di Waterloo alla Prima guerra mondiale o, per chi si appassiona alla musica, al tempo che corre dal Flauto Magico di Mozart alla Bohème di Puccini. […] Mai la storia fu così crudele e carica di drammi come nell’epoca nostra e mai così lenta nelle mutazioni del gusto.” Philippe Daverio in Il secolo spezzato delle avanguardie.

M come mercato e come memoria

“Molto dobbiamo all’abilità dei mercanti d’arte, i quali, sostenendo con convinzione i prezzi, hanno fatto nascere collezioni e musei; a loro dobbiamo un serio riconoscimento a tal punto che abbiamo dedicato proprio a loro un piccolo spazio mnemonico che tutto è fuorché un cimitero. Da loro non possiamo neppure prescindere in quanto hanno stabilito ciò che conta, anche economicamente si intende, e hanno posto in un cono d’ombra ciò che non ha mercato, le immagini dei giornali e i ricordi del cinematografo, come le affiches pubblicitarie che hanno spesso condizionato ben di più l’immaginario collettivo. Il pubblico che oggi visita un museo a loro deve molto, talora ben più di quanto non debba ai curatori che hanno conservato alla memoria futura le opere. Grazie al loro impegno, talvolta garbato e attento, talvolta comprensibilmente avido, si è formata la coscienza storica del secolo brevissimo. La memoria viene coltivata quotidianamente e la nostra non è eccellente, segue essa il simpatico adagio di Ingrid Bergman per il quale il segreto della felicità è una buona salute e una cattiva memoria, ecco perché i musei d’arte moderna contribuiscono alla felicità dei popoli: alterano questa memoria estetizzandola e potandola. Ma questa stessa memoria muta costantemente ed è confusa: ecco il motivo d’un tentativo azzardato di mettervi ordine.” Philippe Daverio in Il secolo spezzato delle avanguardie.

Portrait_of_Dr._Gachet

Vincent Van Gogh